Le coronarie sono le arterie che perfondono il cuore assicurandogli rifornimento di ossigeno e fattori nutritivi. In pratica sono dei “tubicini” che, nell’insieme, potremmo paragonare in maniera metaforica ad un sistema idraulico di irrigazione, quale quello di un giardino, in cui dai tubi più grandi, che irrorano i settori principali, originano quelli medi che irrorano zone più ristrette, fino a quelli più piccoli, chiamati capillari.

 

 Coronarie

 

1a. Cenni sull'Aterosclerosi4

Figura – Anatomia delle arterie coronarie. Le arterie coronarie epicardiche sono due: l’arteria coronaria di destra, che nasce dalla cuspide aortica destra, che si distribuisce prevalentemente alle sezioni destre del cuore ed alla parete inferoposteriore ed al setto posteriore del ventricolo di sinistra; l’arteria coronaria sinistra, che nasce come tronco comune dalla cuspide aortica sinistra e si divide precocemente in due rami principali, l’arteria interventricolare anteriore, che si distribuisce alla parete principale del ventricolo sinistro (parete anterolaterale), al setto anteriore ed all’apice, e l’arteria circonflessa, che si distribuisce alla parete inferoposterolaterale del ventricolo sinistro.

Le coronarie, come tutte le arterie del nostro corpo, sono soggette, col passare degli anni, ad un processo di invecchiamento chiamato aterosclerosi, che porta alla formazione nella parete del vaso di depositi, noti con il nome di placche, che ne riducono il canale effettivo; l’aterosclerosi oltre che con le placche si può manifestare con l’indebolimento della parete, che tende a dilatarsi, fino a diventare un aneurisma.

Le placche sono formate da accumuli di grassi, cellule e calcio. Il processo di sviluppo delle placche in linea di massima segue il passare degli anni, ma può essere accelerato in maniera importante da alcuni elementi noti come “fattori di rischio”. Tra i più importanti e universalmente riconosciuti ci sono il fumo di sigaretta, l’ipercolesterolemia, il diabete, l’ipertensione arteriosa e la familiarità. Chi presenta dei fattori di rischio ha quindi una possibilità statisticamente maggiore di avere uno sviluppo accelerato dell’aterosclerosi rispetto a chi non li presenta.

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Figura – Schematica rappresentazione dello sviluppo della placca aterosclerotica

Le placche non vanno assolutamente intese come depositi inerti di progressivo accumulo di materiale che lentamente portano all’occlusione dell’arteria, ma come formazioni attive pronte a destabilizzarsi, paragonabili, sempre in senso metaforico, a dei vulcani, apparentemente quiescenti ma sempre pronti ad eruttare per fenomeni di continua attività interna. Questo processo attivo all’interno delle arterie aterosclerotiche, noto come ulcerazione di placca, predispone da una parte alla formazione di detriti formati da aggregati di piastrine e piccoli coaguli che possono migrare a valle andando a chiudere improvvisamente delle altre arterie più periferiche (fenomeno noto come embolizzazione), dall’altra alla destabilizzazione con formazione in loco di un coagulo che chiude all’improvviso l’arteria determinando un infarto.

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Figura – Evoluzione dell’aterosclerosi. Dalla lesione iniziale fino alle manifestazioni cliniche.

Queste nozioni di base dell’aterosclerosi permettono di acquisire una chiave di lettura universale alla comprensione di questa malattia in tutti i distretti. La malattia di base è sempre la stessa, ossia l’aterosclerosi; ciò che varia, a seconda del distretto irrorato dall’arteria, sono le conseguenze. Sarà facile adesso comprendere come la chiusura improvvisa di una coronaria determinerà un infarto cardiaco, quella di una carotide un ictus cerebrale, quella di un’arteria renale un infarto renale, etc.

A questo punto è facile comprendere come la prevenzione dell’aterosclerosi, attraverso il controllo dei fattori di rischio, possa portare alla riduzione della formazione delle placche in tutti i distretti e non solo in quello che costituisce il nostro fulcro di attenzione. La prevenzione dell’infarto cardiaco con la sospensione del fumo di sigaretta, il controllo dei valori di colesterolo, etc., possa portare anche alla prevenzione dell’infarto negli altri distretti.

Alla stessa maniera l’utilizzo di farmaci anti aggreganti, tra cui la nota aspirina, riduce la formazione degli aggregati piastrinici e dei coaguli ovunque, prevenendo non solo l’infarto del cuore, ma anche l’infarto cerebrale (ictus), etc.

Tuttavia una volta che le placche si son formate e sono divenute gravi o sintomatiche, la prevenzione andrà messa un attimo da parte e si dovrà pensare al trattamento; le soluzioni a disposizione sono quella interventistica percutanea e quella chirurgica.